Nato e cresciuto all’estrema periferia di Reggio Calabria, Francesco “Kento” Carlo ha mosso i primi passi negli anni delle guerre di ‘ndrangheta ma anche delle ultime grandi lotte sociali condotte dal PCI nei quartieri popolari della città. Nella prima metà dei ’90, l’approccio antagonista alla realtà di Reggio ha come conseguenza quasi naturale l’avvicinarsi al microfono: sono infatti gli anni del rap combattente, un’eredità rivendicata ed idealmente proseguita da Kento, con lo stesso spirito originale, nell’album d’esordio solista, “Sacco o Vanzetti” (2009, Relief Records EU/Audioglobe).
Nel frattempo c’è spazio per altre importanti esperienze artistiche, come quella che vede Kento far parte dei Kalafro. Si tratta di un collettivo musicale attivo sin dai primi anni duemila che affonda le proprie radici nel linguaggio esplicito del rap, nel suono ipnotico del reggae e nella vibrazione folk, che li caratterizza come una realtà fortemente legata alla terra di origine. Da sempre in prima linea nella lotta alla ‘ndrangheta, l’album dei Kalafro intitolato “Resistenza Sonora” (2011) è passato alla storia come il primo disco “prodotto dalla mafia”, appunto perché finanziato con i proventi dei beni sequestrati ai boss.
In questi anni Kento, anche grazie al fatto di essersi trasferito in pianta stabile a Roma, ha avuto modo di accreditarsi come uno dei rappers più maturi e concreti della scena nazionale. Si è esibito in ogni angolo d’Italia e ha collaborato con decine con artisti noti ed emergenti, ma soprattutto ha raccolto intorno a sè il consenso di un pubblico vasto ed eterogeneo, che mette insieme hiphoppers e militanti, semplici ragazzi delle periferie e intellettuali, critici musicali e artisti di ogni genere.
Il nuovo album di Kento, in uscita a febbraio 2014, si intitola “Radici”, ed è interamente suonato dai Voodoo Brothers, una vera e propria all-star band alla riscoperta della musica afroamericana a partire dal delta blues degli anni ’20 fino ai giorni nostri.
Il nuovo album di Kento & The Voodoo Brothers in tutti i negozi di dischi e digital store
Kento torna in studio per un nuovo progetto musicale insieme ad una vera e propria all star band, proponendosi di prendere il meglio dell’espressione lirica sperimentata nell’album precedente e unirla ad un sound che abbandona quasi del tutto i classici campionamenti tipici della musica rap per affidarsi al calore del suono analogico.
Dal punto di vista dei testi, la passione per il rap degli Anni ’80 e ’90 incontra quella per il cantautorato italiano e la canzone di protesta degli Anni ’60 e ’70, insieme agli echi d’oltreoceano della spoken word e slam poetry/dub poetry più storica (Gil Scott-Heron, The Last Poets, Mutabaruka, Linton Kwesi Johnson).
Dal punto di vista del sound, il nuovo progetto si propone di ridiscendere le radici della black music fino al blues del Delta degli anni ’20 e 30, partendo dalla “musica del diavolo” di Robert Johnson ma senza dimenticare la lezione di gruppi come The Roots, A Tribe Called Quest, De La Soul, Blackalicious, Jurassic Five e di concept come Guru’s Jazzmatazz e Blakroc, l’album del 2009 che vede i Black Keys accompagnare alcuni tra i rapper più noti della scena di New York.
La produzione artistica è affidata a David “Shiny D” Assuntino (pianoforte, synth, piano elettrico, organo, voce: Torpedo Sound Machine, Livity Band) e a Federico “JolkiPalki” Camici (basso, ukulele bass: Torpedo Sound Machine, Honeybird & The Birdies). Gli altri musicisti coinvolti in pianta stabile sono Davide Lipari (chitarra, armonica, voce: One Man 100% Bluez), Cesare Petulicchio (batteria, percussioni: Bud Spencer Blues Explosion) e i Dead Shrimp, trio delta blues composto da Sergio De Felice (voce), Alessio Magliocchetti (chitarra, dobro, slide guitar) e Gianluca Giannasso (batteria, percussioni).
Le collaborazioni confermano la trasversalità del progetto: si parte da Paolo Pietrangeli, caposcuola della musica di protesta degli anni ’60/’70 e autore della storica “Contessa” e si arriva fino ad Havoc dei Mobb Deep, gruppo rap newyorchese che, a partire dagli anni ’90, ha riscritto il concetto di hardcore nell’hip hop contemporaneo. Ma non finisce qui: nel disco sono ospiti anche altri rapper di spessore assoluto come Danno dei Colle der Fomento ed Ensi, indiscutibilmente il miglior freestyler d’Italia. E troviamo anche il poeta Lello Voce, principale esponente della slam poetry nel nostro Paese, il sound reggae internazionale di Lion D, lo storico dj e produttore Ice One e – non ultima – la voce di Giovanni Impastato, che racconta un aneddoto inedito sulla vita dell’indimenticabile Peppino.
Hanno scritto di lui:
Suggerimento: se invece di chiamarlo rapper mettessimo Kento alla voce cantautore?
XL di Repubblica
Kento sprizza energia da brigante in tutto “Sacco o Vanzetti”. Come un Nas rinato sullo stretto, come un Guccini con il flow.
Internazionale
“Sacco o Vanzetti” di Kento è una spanna sopra tutti gli altri dischi rap usciti negli ultimi anni in Italia, e non ne sono usciti mica pochi.
Mucchio
Testi intensi, ricchi di riferimenti storici, culturali, artistici, filosofici. Un hip hop sofisticato che attinge dal reggae, dal cantautorato italiano, dal rap e dal punk gli spunti creativi per creare qualcosa di diverso per tutto il resto.
Il Fatto Quotidiano
La scrittura di Kento è fluida, immediata, una sorta di cantautorato hip hop che strizza l’occhio a Guccini e De Andrè.
Quotidiano Terra
https://www.youtube.com/watch?v=fjqpJ2VVVXE