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la casa ricamata

PERFORMANCE

La casa ricamata
21 luglio 2019

Maria Chiara Calvani

Di TRAME è fatta l’installazione dell’artista Maria Chiara Calvani la Casa Ricamata (The embroidered house – La Casa Bordada – La Maison Brodéè). Non parliamo solo dei fili che compongono i tessuti da cui l’opera è costituita, ma delle relazioni, degli intrecci e dei legami che l’artista ha tessuto per connotare di senso la sua opera. In quasi 3 anni di attività Calvani ha raccolto detti, proverbi e motti di persone con background e nazionalità diverse. Il risultato è un patchwork di tessuti, fili, colori e spessori che fungono da “mattonelle” della casa-tenda.

La-tenda-bordata_esterno

Ma com’è fatta la Casa Ricamata?
Su una struttura elaborata dall’ingegnere Giuseppe Orsini e dall’ architetto Michela De Licio, Calvani ha adagiato la sua coperta ricca di tasselli e su ognuno di essi ha personalmente ricamato con punto erba un detto raccolto dal suo pubblico.
Un’installazione densa di lavoro e significato: diversi sono i livelli di lettura dell’opera, spiegati dalla stessa artista.

L’opera vuole comunicare un abbattimento dei confini fisici e linguistici. Fisici perché l’idea della casa-tende presuppone la possibilità di spostarla in ogni dove; linguistici perché lo spazio fisico e sonoro creato (grazie all’installazione audio realizzata dalla sound designer Emanuela Bonella, posta al suo interno), al di là delle scontate difficoltà di comprensione, è unitario.

C’è un altro tipo di abbattimento in agguato, quello della diversità culturale e, con esso, delle leve razziste che, a vari livelli, sono comunque presenti in una città come Roma. E invece, due sarti rumeni Iulian e Iulia Cioara Nastase hanno cucito insieme i tasselli della casa, mentre i proverbi sono stati tratti da persone provenienti da Portogallo, Spagna, Africa, Paesi Baschi, Egitto, Brasile, Turchia, Francia, Russia, Cina, Croazia, Inghilterra, Germania, Finlandia, Romania e da varie parti d’Italia (Calabria, Puglia, Campania, Veneto, Sicilia, Sardegna Abruzzo, Umbria, Liguria, Lombardia), creando un senso di condivisione che effettivamente si prova una volta seduti nella tenda. Automaticamente viene voglia di riconoscersi in quei proverbi, cercando quello che più si avvicina alla nostra provenienza geografica o al nostro abito mentale. Si comprende che le sovrapposizioni semantiche sono dietro l’angolo. Come ci insegna il linguista Ferdinand de Saussure, non esiste il concetto di lingua come nomenclatura, ovvero esatta corrispondenza naturale tra parole e cose. Il segno linguistico è sempre aliquid stat pro aliquo, quindi un’entità costituita da una unione arbitraria di un concetto (significato) e della sua immagine acustica (significante). Tale associazione, essendo arbitraria, varia da idioma a idioma, per una serie di ragioni legate alla cultura e tradizione di quella nazione, anche se una volta istituita in ciascuna lingua diventa canonica e non può più essere modificabile dal singolo parlante.

Tornando ai nostri proverbi in alcuni casi ci sono traduzioni esatte da lingua a lingua, come nel caso di APETYT RO’SNIE V MIARE IEZENIA – L’appetito viene mangiando (Polonia) o di Quem semeia ventos colle tempestades – Chi semina vento raccoglie tempesta, in altri la traduzione è meno letterale ma il senso combacia come in quem vai ao mar perde o lugar (Lisbona), che suona come l’italico Chi va a Roma perde la poltrona. Ma chi ha deciso che raggiungere Roma è più importante del richiamo delle onde del mare?

info

La casa ricamata è un opera di Maria Chiara Calvani

mariachiaracalvani@tin.it

http://mariachiaracalvani.wordpress.com/maria-chiara-calvani/

 

 

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